Prima di intraprendere il percorso di coaching, è necessario capire come sia nata questa metodologia e questo approccio e come si sia sviluppato negli ultimi anni
Le origini
Partiamo dal significato etimologico della parola coach, anche solo per capire l’evoluzione del termine e come sia stato poi utilizzato per descrivere l’attività di coaching.
La Parola ha origine dal termine francese “coche”, carrozza o cocchio e nel XVI secolo identificava un mezzo di trasporto trainato da cavalli e condotto da una guida, il cocchiere.
Il termine anglosassone, invece, rinvia il coaching all’ambiente sportivo. Difatti nel XIX secolo in Inghilterra, gli studenti universitari verso il termine del loro percorso, utilizzano il termine coach per identificare una sorta di tutor autorevole e rispettato.
Negli Stati Uniti, il termine si diffonde per identificare colui che sviluppa e incrementa la prestazione sportiva. Il coach non solo era colui che guidava la squadra e l’allenava, ma la seguiva dal punto di vista emotivo, creando lo spirito di gruppo che permetteva di affrontare gli avversari con maggiore carica e sicurezza. Stimolava il gruppo nella consapevolezza delle proprie possibilità per sfruttarle al massimo.
Il contributo del cinema
La cinematografia hollywoodiana ha mostrato negli anni moltissimi esempi, tra cui forse il più famoso è “Ogni Maledetta
Domenica” diretto da Oliver Stone, con Al Pacino. Nel famoso monologo del film, il Coach Tony D’Amato (Al Pacino) stimola la liberazione della creatività puntando a responsabilizzare chi lo ascolta, senza suggerire soluzione e senza condizionare i giocatori, bensì sottolineando più volte che non può vincere per loro.
Li accompagna nella consapevolezza che il grande valore che hanno è proprio il giocatore, il compagno che hanno di fianco. Il monologo termina con una domanda molto potente e fondamentale nel processo di crescita; chiede ai giocatori cosa intendano fare ora che la realtà si è mostrata e gli obiettivi e le varie opzioni li hanno messi con le spalle al muro. La risposta è intrinseca nell’ovvietà cinematografica …
Ritornando alla storia del coaching, il contributo più importante viene dato a metà degli anni settanta dell’ultimo secolo, dal coach della squadra di tennis dell’Università di Harvard, Timothy Gallwey, il primo a mettere nero su bianco i principi base, attraverso le sue pubblicazioni incentrate sulla gestione del dialogo interiore. Insieme a Gallwey, il pilota automobilistico Sir John Whitmore è considerato uno dei padri del coaching. Terminata la carriera di pilota automobilistico si dedica allo studio della psicologia transpersonale e grazie alla collaborazione con Gallwey, importa il metodo in Gran Bretagna e lo diffonde in diversi campi oltre a quello sportivo.
John Whitmore è stato l’ideatore di uno dei modelli ancora oggi impiegati nel coaching, il modello G. R. O. W., molto utile per individuare gli obiettivi e migliorare le performance.
L’arrivo in azienda
Grazie a Whitmore, il Coach negli anni Novanta compare nelle aziende. Inizialmente sono i manager che si affidano al Coach per sviluppare le loro capacità umane e professionali a.
Oggi questa metodologia è molto diffusa nelle aziende e i coach iniziano ad essere una figura molto importante e ricercata grazie al successo di questa metodologia.
Se vuoi percorrere finalmente la tua strada e raggiungere i tuoi obiettivi passo dopo passo, con maggiore consapevolezza, allora il coaching è la soluzione per te!
Buona Vita, unica e irripetibile!